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International Transgender Day of Visibility: la storia di Valeria

  • Scritto venerdì 31 marzo 2023
  • Tempo stimato di lettura 5 minuti

In Avanade, crediamo fortemente nel valore dell’unicità delle nostre persone. Oggi, in occasione della Giornata della visibilità transgender, vogliamo condividere la storia di Valeria. Uno dei nostri talenti che, grazie all’impegno di Avanade nel garantire un ambiente inclusivo, può esprimere al meglio sé stessa in un contesto che accoglie l’eterogeneità come scintilla dell'innovazione. Valeria è entrata in Avanade nel 2015, oggi ricopre il ruolo di Digital Marketing Senior Consultant presso la sede di Milano. 

 
Ciao Valeria, puoi raccontarci la tua esperienza? Quando si è generata in te la consapevolezza di un corpo che non sentivi tuo? 

Dai miei primi ricordi fino all’adolescenza, ho sempre avuto la sensazione che in me c’era qualcosa di diverso dalle altre persone che conoscevo, ma che riuscivo a spiegare solo in parte e, per questo, non ne parlavo con nessuno.  

Poi, con la pubertà, questa sensazione si è trasformata in dolore: il mio corpo cambiava assumendo caratteristiche che mi facevano stare male e non c’era nulla che potessi fare per evitarlo.  

La consapevolezza piena di ciò che significava tutto questo l’ho avuta grazie alle prime ricerche su internet, intorno ai 14-15 anni (fine anni ‘90), quando ho scoperto la definizione di “disforia di genere”, ovvero la percezione di non riconoscersi nel sesso assegnato alla nascita


Quando e come hai deciso di iniziare il percorso di transizione, hai avuto timori nell'affrontarlo? Come hai vissuto l’idea di condividere questo percorso con i colleghi? 

Quando a 16 anni ho realizzato che questo malessere mi avrebbe accompagnata per tutta la vita, mi sono concentrata sulle soluzioni e, in particolare, sulla possibilità di accedere ad una terapia ormonale di affermazione di genere.  

La prima decisione concreta l’ho presa a 22 anni, tra l’indifferenza dei miei genitori e mille paure per una vita che si prospettava molto difficile. Fui sottoposta a 2 anni e mezzo di psicoterapia senza risultati positivi per me e la mia serenità. Delusa dal tempo perso e dagli scarsi risultati, ho continuato la mia vita chiudendomi in me stessa e tenendo tutto dentro fino a quando, nel 2019, sono entrata in uno stato di depressione profonda. Da qui la decisione di riprendere il percorso e, a novembre 2021 (a 38 anni), ho ottenuto il nulla osta per la terapia ormonale che ho iniziato a febbraio 2022.  

Dopo tutti questi anni di sofferenza interiore, iniziare la transizione è stata una liberazione. Ho avuto davvero pochi timori ad affrontarla. La condivisione con i colleghi è stata inizialmente graduale e questo mi ha aiutata tantissimo ad acquisire fiducia e sentirmi apprezzata come prima nonostante il cambiamento.  


Com’è cambiata la tua vita da allora? 

In generale è sicuramente cambiata in positivo perché mi sento meglio con me stessa e, di conseguenza, nei rapporti con gli altri. É cambiata nei ritmi perché, seguendo una terapia a tempo indeterminato, sono sotto stretto controllo medico e devo fare molta più attenzione alla mia salute. 

Banalmente è cambiata anche nel modo in cui provo le emozioni, sia belle che brutte: rispetto a prima è tutto più amplificato, conseguenza dell’effetto degli ormoni sulla mia psiche. 


Quale ruolo credi che le aziende possano svolgere quando si tratta di sostenere la comunità LGBTQIA+ e cosa rappresenta per te la giornata internazionale della visibilità transgender? 

Credo che le aziende come Avanade, che già sostengono la comunità LGBTQIA+, siano fondamentali per fornire un modello al quale ispirarsi per un ambiente di lavoro inclusivo e accogliente, sia per altre aziende, sia per i dipendenti. 

Personalmente mi sento particolarmente toccata dal tema della visibilità perchèancora oggi accade che la rappresentazione della donna transgender, nell’immaginario condiviso, sia fortemente legata a luoghi comuni come prostituzione, droga, perversione e disagio sociale mentre quella degli uomini trans è completamente assente, quasi a negarne l’esistenza. Questa narrazione non genera modelli positivi a cui ispirarsi e tende a favorire il fenomeno della “transfobia interiorizzata” ovvero: il disagio che le persone trans provano proprio nell’essere trans a causa delle valutazioni negative e discriminatorie che la società attua verso questa condizione. 

La giornata della visibilità transgender nasce con l’obiettivo di superare gli stereotipi, mostrando il contributo che queste persone possono offrire alla società in qualsiasi ambito, e per celebrare i loro successi nonostante le difficoltà che incontrano quotidianamente. 

 

Nel 2020 Avanade ha creato la Gender Transition Leave policy, una politica di congedo per transizione di genere dedicata a dipendenti transgender e non-binary in tutta Europa. La policy dà a tutti i dipendenti il diritto al congedo retribuito in caso di transizione e cambiamento di espressione di genere, per sostenerli concretamente nei momenti importanti della vita. Cosa pensi di questa policy, ti ha supportata nel tuo percorso? 

La Gender Transition Leave policy è stata lanciata proprio a ridosso dei primi passi della mia transizione. Questo evento mi ha aiutata tantissimo perchè ho subito avuto l’impressione che, quando sarei giunta al coming out in azienda, sarebbe stato tutto più semplice di quanto preventivato inizialmente.

La parte più importante della policy, oltre agli eventuali congedi, prevede una serie di facilitazioni ed indicazioni per agevolare il cambio di espressione di genere in azienda. Questo approccio è stato molto utile sia per me che per i colleghi con cui mi sono relazionata. In definitiva, credo che sia uno strumento molto valido e ben congegnato e che vada preso come modello per le altre aziende. 


Hai consigli per chi sta affrontando o pensando di affrontare un percorso di transizione? 

É difficile dare consigli che siano validi per tutti perché ogni transizione è unica e personale. Tuttavia, non esistendo in Italia la possibilità di autodeterminazione, è obbligatorio seguire un percorso se si vuole ottenere il riconoscimento legale della propria identità. Per intraprenderlo è necessario sottoporsi alla valutazione di uno psicoterapeuta, o psichiatra, che certifichino l’incongruenza di genere. 

Il consiglio è di affidarsi a professionisti che abbiano specifiche competenze in materia, per evitare lunghe attese in cui la vita delle persone trans rimane sospesa in un limbo di incertezza e inquietudine. 

Inoltre, ritengo che anche fare rete con altre persone transgender, possa essere un valido aiuto per affrontare il percorso con maggiore consapevolezza


Ringraziamo Valeria per la sua preziosa testimonianza, la sua storia ci rende orgogliosi dell’ambiente di lavoro che stiamo costruendo, in cui tutti i nostri dipendenti sono liberi di esprimere la propria personalità, indipendentemente da orientamento sessuale, identità o espressione di genere.

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